I’m not there - Io non sono qui

Pubblicato il 21 Ottobre 2007

“I’m not there - Io non sono qui”                            di Veronica Meoni
Titolo originale: I’m not there
Nazione: USA
Anno: 2007
Genere: Drammatico
Durata: 135'
Sito ufficiale: www.imnotthere-movie.com
Regia: Todd Haynes
Cast: Christian Bale, Cate Blanchett, Richard Gere, Julianne Moore, Michelle Williams, Marcus Carl Franklin, Heath Ledger, Ben Whishaw, Charlotte Gainsbourg, David Cross, Bruce Greenwood
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6 attori interpretano Bob Dylan, 5 su 6 sono uomini, una è una donna: Cate Blanchett. Straordinaria interpretazione dell’attrice, sicuramente la sua migliore prova. Spicca decisamente tra il gruppo, riuscendo solo lei a caratterizzare al massimo e al meglio il personaggio, in modo così apparentemente naturale. Meritatissima Coppa Volpi.
Il film ha incontrato qui al Lido, pareri discordanti, soprattutto per il tratto visionario che Haynes ha voluto dare al film, e per la sua lunga durata, in parte necessaria. Il tutto è sfociato in un Premio Speciale della Giuria (a pari merito con “La graine et le mulet” di Abdellatif Kechiche).

Quindi un bel film contemporaneo, con una forte stilizzazione di tutte le sue epoche artistiche. Unica pecca, l’episodio con Richard Gere di cui non riesco ancora a cogliere il senso: contestualizzare nel western il personaggio, identificandolo in Billy The Kid, non trova alcun nesso con il resto del film.

Scritto da Flower86

Con tag #Recensioni

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C
la parte western porta al finale carnevalesco.
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W
Richard Gere in realtà più che Billy The Kid (che tra l'altro non era interpretato da Dylan nel telefilm, visto che lui era il pianista di nome "Alias", ergo sarebbe una metacitazione sbagliata) rappresentava il periodo in cui Dylan si ritirò dalle scene in seguito all'incidente in moto (nel film non si vede, ma si sente lo schianto) nei pressi di Woodstock, nel '69, poco lontano dallo storico concerto (che era a una ventina di miglia più in là, nella radura di Betel). E non era tanto una contestualizzazione western, quanto piuttosto un tentativo di mostrare la parte più normale di Dylan: non il ragazzino ribelle, non la rockstar eccentrica, non il duro, non il cantautore impegnato, ma l'uomo comune, che si rifugia nei suoi ricordi ed affetti più cari, le storie western dell'infanzia (lo stesso nome d'arte, "Dylan", deriva da Marshall Matt Dillon della serie Gunsmoke). Che poi sia la parte meno riuscita, concordo. Ma devo rivederlo, come film: al cinema non c'ho capito grossomodo un gran bel cazzo.
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